Domenica 29 agosto 1999 inizia il campionato di serie B 1999 – ’00 ed il Pescara comincia la sua avventura allo stadio “Dino Manuzzi” di Cesena. Dopo una promozione in A sfumata per un solo punto, persa nel match decisivo contro la Reggina “all’Adriatico”, complice anche un rigore sbagliato da Gelsi sullo 0 – 0, le polemiche ed i rimpianti si sprecano, spalmandosi nel corso della torrida estate 1999.
I calabresi volano dunque in A, così come De Canio, che, chiamato sulla panchina dell’Udinese, consegna quella biancoazzurra ad una pesantissima eredità. Del resto, l’umore del tifoso pescarese è quello di chi si guarda inevitabilmente indietro per ciò che non è stato e poteva essere e, volgendo lo sguardo al futuro, teme che il successivo torneo, senza un signor allenatore per carisma e personalità, possa essere figlio della cocente delusione epilogo di quello precedente. Ecco allora il presidente Scibilia prima azzardare e poi ufficializzare niente meno che il Galeone ter: l’allenatore capace di portare per ben due volte il Delfino nell’Olimpo del calcio riabbraccia, dunque, la città abruzzese, che lo accoglie con l’entusiasmo di 2.000 tifosi alla sua presentazione, in cui il Gale è subito protagonista del “Resto umile show”: “Nessuna rosa extralarge, visto l’exploit dello scorso anno.
Un contratto annuale va più che bene, anche per scaramanzia, visto che quelli pluriennali non mi hanno mai portato troppo bene e preferisco essere giudicato nel breve”. Superstizione tipica del napoletano doc, a cui si aggiunge la pazienza invocata per rituffarsi, dopo un anno e mezzo, nella quotidianità del campo: “La terza promozione? Non me la si può chiedere così su due piedi, anche perché devo avere il tempo di conoscere la squadra e ritrovare l’abitudine agli allenamenti. Mi sento, però, di dire che ci saremo anche noi nel gruppo di sei – sette squadre che lotteranno per il vertice”. Eppure, due promesse se le lascia scappare: “Allenamenti a porte aperte per ricevere il costante apporto del pubblico ed una squadra fatta di giovani e… Allegri”. Certamente nel senso di spensieratezza collettiva, ma anche, anzi soprattutto, nel segno di Massimiliano Allegri, poco utilizzato da De Canio e destinato ora a riprendersi un posto da titolare per qualità ed esperienza.
Nel frattempo, però, il fantasista livornese si infortuna, non potendo vivere da protagonista lo scintillante incipit della terza “era Galeoniana”, che vede il Delfino sommergere 7 – 2 la Reggiana all’Adriatico nella prima gara ufficiale del girone eliminatorio di Coppa Italia, in cui seguono una sconfitta di misura a Brescia (2 – 1) e due vittorie contro la Juve Stabia (0 – 1 in trasferta e 5 – 2 in casa). Due goleade, ma anche qualche rete di troppo subita fanno già capire i punti di forza e le criticità dei biancoazzurri, che, in attesa di centrare l’obiettivo qualificazione in Coppa Italia, iniziano il loro campionato a Cesena con Bordoni in porta, Galeoto, Gregori, Zanutta e Lambertini in difesa, Baldi, Ruscitti e Sullo a centrocampo, Rossi, Vukoja e Zanini in attacco. I Romagnoli, guidati da Nicoletti, propongono Scalabrelli tra i pali, Baronchelli libero, Mantelli, Cevoli e Manzo gli altri marcatori, Romano, Superbi, Barollo e Scienza in mediana, Campolonghi e Pancu di punta.
Lo schieramento con il vecchio libero arretrato rispetto alla linea difensiva, al cospetto del 4-3-3 di Galeone, dichiara apertamente l’atteggiamento spiccatamente difensivo in cui il Cavalluccio Marino si rintana per non farsi fagocitare dal Delfino. Eppure, in apertura, è il Cesena a sfiorare il vantaggio con una punizione pregevole di Barollo, a cui Bordoni si oppone prontamente.
I Romagnoli sono in superiorità numerica a centrocampo, ove nel Pescara ben si destreggia l’esordiente Ruscitti, che per due volte prova anche la conclusione, così come Rossi e Lambertini, senza però che Scalabrelli si lasci sorprendere. I biancoazzurri giocano una mezz’ora di grande intensità, ma non concretizzano, costringendo Bordoni a salvarsi sull’ottimo romeno Pancu. Nella ripresa, gli Abruzzesi tirano i remi in barca, il Cavalluccio, invece, riemerge dall’apnea del primo tempo anche grazie al neo entrato Bianchi, sostituto di Barollo, che vivacizza non poco la “movida” romagnola. La partita perde appeal sul piano tecnico, mentre crescono i contrasti. Cessano le sgroppate sulle fasce di Galeoto e Lambertini, anche se il Delfino, tra il 24’ ed il 26’, manca di pochissimo l’appuntamento con il goal a seguito di un insidioso free kick di Lambertini e ad un tiro di Sullo deviato all’ultimo prima di far più che probabilmente capitolare Scalabrelli.
Negli ultimi minuti, complici la stanchezza, il caldo ed il terreno pesante, Galeone, non riconoscendo più il suo Delfino, si autosospende dalla guida tecnica, abbandonando la panchina per guadagnare gli spogliatoi con tre minuti di anticipo, ove non accade più nulla. Testa già proiettata al mercoledì successivo per l’importante trasferta a Reggio Emilia di Coppa Italia ed una sofferenza orrenda nel vedere il Cesena dominare il suo Pescara nello scorcio finale di partita, le motivazioni del rientro anticipato del Gale nella pancia del “Manuzzi”.
Un primo round, quello del Galeone ter in campionato, decisamente meno sfolgorante rispetto alla prima di Coppa Italia, certamente senza sussulti, ma anche senza schiaffoni..!
Federico Ferretti